Sellia racconta il Comprensorio

giovedì 30 aprile 2020

Catanzaro ben 54 comuni della provincia (numero che continua a crescere) dice NO! alla decreto notturno della Santelli

 I sindaci della presila catanzarese confermano le restrizioni precedenti


Diatriba gia’ consumata: da una parte la Regione Calabria, dall’ altra i sindaci di quasi tutti i comuni della presila catanzarese . Se non è uno scontro  istituzionale,  poco ci manca. Da oggi in Calabria, bar e ristoranti saranno aperti con tavoli all’esterno. Lo ha deciso la governatrice Iole Santelli con un’ordinanza che sfida i vincoli del governo nazionale. Voce  inascoltata in queste latitudini. Nulla cambia  invece  per tantissimi comuni dell’entroterra del catanzarese che, con tanto di  ordinanza dei rispettivi sindaci, lasceranno tutto com’ e’: ancora bar e ristoranti chiusi. Lungo l’ elenco dei paesi  della presila catanzarese che confermano le restrizioni precedenti:  da Andali a Cerva, da Pentone a Taverna, passando per Sellia, Sersale, Zagarise e Cropani. In tutto i Comuni che avversano decisione della Regione sono 54. Numeri in difetto.
A seguire in dettaglio il decreto della  discordia emanato nella tarda serata di ieri a 3 giorni dalla fase 2 a livello nazionale che a quanto pare è stato  Salvini capo della Lega a premere affinché  venisse al più presto emanato dalla governatrice della Calabria Santelli che sino a poche ora prima si lamentava con il governo Conte per le poche restrizioni.

lunedì 27 aprile 2020

400 anni di Sersale, 75 di Liberazione: storie di partigiani e sersalesi.

Ci sono storie e uomini che non sempre troviamo sui libri. Anche se hanno contribuito, al pari di eventi più blasonati e conosciuti, a creare e costruire una comunità. Con l’impegno e coi valori, nell’ora più buia, rischiando affetti e mettendo in gioco la propria vita, questa è la storia anche dei Partigiani sersalesi.

In questo #25aprile complicato da festeggiare, Rifondazione Comunista, in pochi giorni e senza poter accedere ad archivi cartacei, grazie ad un passaparola tra compagni e discendenti ha individuato un elenco di partigiani sersalesi.
Nel 400° anno dalla fondazione di Sersale, riteniamo sia doveroso celebrare il 25 aprile con un ricordo dei sersalesi che hanno combattuto per una società più giusta e libera. Conoscere la storia del nostro paese è, secondo noi, il modo migliore per augurarci buon compleanno.
Riteniamo che il Comune di Sersale, nell’anno delle celebrazioni per i 400 anni, debba promuovere una ricerca storica più approfondita (e competente della nostra), coinvolgendo possibilmente gli studenti. Crediamo sia doveroso omaggiare questi nostri compaesani con una stele, come per i 13 coloni fondatori, o intitolando una via nella nuova toponomastica.
Mentre si ripropongono sterili tentativi di stravolgere la storia italiana, con un pericoloso revisionismo, è nostro dovere civico e morale festeggiare il 25 Aprile. Oltre a far risuonare “Bella Ciao” dai nostri balconi, offriamo un piccolo contributo alle celebrazioni per i 400 ani di storia di Sersale. Si tratta di un esercizio di memoria, sperando di stimolare la curiosità, il dibattito, il contributo di chi ha ulteriori dettagli da offrire alla nostra comunità.
Antonio Falbo, Antonio Sciumbata, Nicola Rotella, Pietro Falbo, Tomaso Taverna, Vincenzo Brindisi, Giuseppe Monterosso, Salvatore Bianco, Antonio Carmine Perri, Errigo Giuseppe, Francesco Lupia, Mancuso Giuseppe e tanti altri hanno difeso la nostra libertà. Esattamente come tanti altri più celebrati, hanno dato la vita per dare un futuro ai loro figli, rinnovando quotidianamente la fede nella giustizia e libertà scolpite nella nostra Costituzione, contribuendo alla crescita di Sersale. Di alcuni  abbiamo abbastanza notizie, di altri conservano il ricordo i figli, di molti non abbiamo che sparute tracce. Diversi Istituti di Storia della Resistenza (soprattutto quello piemontese) hanno archivi online in cui è possibile ritrovare alcuni nomi di partigiani nati o residenti a Sersale negli anni del secondo conflitto mondiale, ma dal 25 aprile all’8 settembre 2020 un progetto del MiBACT, dell’Istituto Ferruccio Parri ed altri metterà online 703.000 schede di partigiani, per cui sarà più facile scoprire più dettagli!
Di molti però, che  in seconda linea si sono impegnati a combattere il nazifascismo, ad ogni latitudine della penisola, non sappiamo assolutamente nulla: sono storie che mischiano emigrazione, impegno politico, desiderio di riscatto e libertà.

Quello che raccontiamo qui di seguito è frutto di una non molto approfondita ricerca attraverso archivi e resoconti delle organizzazioni partigiane. Il nostro obiettivo è passare ora il testimone a chi vorrà approfondire, ricercare, raccontare. Per costruire insieme un racconto dei partigiani sersalesi.
Antonio Falbo, classe 1924, ci ha lasciato lo scorso 30 novembre. Emigrato, operaio, dopo la disfatta italiana dell’8 settembre 1943, sceglie il campo antifascista e diventa Partigiano nelle Brigate Matteotti guidate dal Comandante Piero Piero in Val di Lanzo e poi nelle S.A.P. di Torino (Squadre di Azione Patriottica). Nome di battaglia “Smitk”, arrestato per il tradimento di un amico rivelatosi una spia dell’OVRA , sopravvissuto alle torture, fisiche e psicologiche, delle carceri fasciste di via Asti a Torino, Antonio Falbo è stato anche presidente dell’ANPI di Grugliasco (TO), nonché stimatissimo cittadino impegnato nella vita sociale e politica della città torinese. Ricordiamo il suo toccante intervento organizzato dall’ANPI Catanzaro in video conferenza nel 2015.
Antonio Sciumbata, classe 1920 deceduto da qualche anno. Fu volontario con compiti specifici nella 76° Brigata Luigi Gallo “Battisti” nel Canavese, una delle aree più importanti della Resistenza, conseguendo l’onorificenza di Benemerito. Ne conosciamo la storia grazie al figlio e compagno Enzo e ad una iniziativa dell’ANPI nel 2014.
Nicola Rotella, classe 1924, nome di battaglia “Binda”, è stato membro della 4° Brigata Garibaldi comandandone un nucleo. Probabilmente caduto nel 1944, non disponiamo al momento di informazioni più precise. Salvo che ha conseguito l’onorificenza di Partigiano, riservata solitamente a coloro che sono caduti o hanno combattuto attivamente per un periodo di almeno tre mesi in una delle formazioni della Resistenza.
Taverna Tommaso, classe 1924, nome di battaglia “Pino”, capo nucleo nella 2° Divisione Langhe. Una scheda dell’archivio delle stragi nazifascite, riporta il suo nome tra una serie di partigiani caduti in combattimento a seguito di rastrellamenti di Tedeschi e Brigate Nere. Tommaso è morto ad Agliano Terme (AT) tra il 26 e il 30 marzo 1945, proprio per l’attività di resistenza a seguito della nascita di una delle tante repubbliche partigiane (vere e proprie amministrazioni liberate), alla città di Agliano è stata conferita la medaglia d’oro al merito partigiano. Il suo nome è su una lapide commemorativa della 2° Divisione a Santo Stefano Belbo (CN), a fianco del cippo dedicato a Giovanni Balbo, padre del comandante “Nord” citato nel famosissimo libro Il partigiano Johnny. A volte i nostri concittadini hanno camminato un passo di lato alla grande storia…
Brindisi Vincenzo, 83° Brigata L. Comoli, inviato in Grecia come Carabiniere, dopo la disfatta dell'8 settembre si unì ai partigiani jugoslavi e, rientrato come carabiniere al suo paese di stanza, Villadossola (NO), fu sicuramente testimone degli eventi della Repubblica dell’Ossola (uno dei più avanzati esperimenti di liberazione cui prese parte anche Terracini, le cui riforme furono d’ispirazione alla Costituzione Italiana) e della feroce repressione nazifascista tra il ‘43 e il ‘45. Alla fine della guerra lasciò l’arma per un lavoro in fabbrica.
Perri Carmine Antonio classe 1923, l’8 settembre si trovava in Albania come militare dell'esercito italiano ma aderì alle formazioni partigiane. Raccontiamo un episodio ricordato da suo figlio, il compagno Franco. Come molti altri militari italiani, rischiava di essere internato nei campi di lavoro in Germania. Nei giorni precedenti alla partenza dei convogli si era ferito accidentalmente con paio di forbici  e per questo, camminava con difficoltà, i nazisti non lo ritennero “idoneo” allo scopo di trasformare ex alleati in animali da lavoro e perciò non lo caricarono sui camion. Ha conservato gelosamente fino alla fine dei suoi giorni quelle forbici, ritenendo che gli abbiano salvato la vita!
Bianco Salvatore, classe 1921, anch'egli soldato in Albania: dopo l’8 settembre aderì alle formazioni partigiane di Tito in Jugoslavia. Ritornò a casa solo nel 1947! Il figlio Giuseppe racconta che, giunto a Sersale, attese ancora qualche tempo prima di  presentarsi dalla madre perché lo riteneva ormai morto, sorte che invece toccò ad altri due suoi fratelli. Nel frattempo i familiari cercarono di consolare la madre infondendogli progressivamente la speranza che lui sarebbe tornato, per alleviare l’inevitabile choc emotivo di rivederlo vivo dopo anni.
Monterosso Giuseppe, classe 1912, dopo lo sbandamento dell’esercito seguito all’armistizio del 1943, i militari italiani nei Balcani vengono disarmati e fatti prigionieri dagli ex alleati nazisti. Accadeva però che nei primissimi giorni dopo l'8 settembre l’Esercito Partigiano di Liberazione della Jugoslavia assaltasse i convogli tedeschi e liberasse, tra i prigionieri, anche soldati italiani, nemici e occupanti fino al giorno prima! Molti di questi ex militari italiani aderiscono perciò alle brigate partigiane di Tito, costituendo progressivamente brigate partigiane di italiani in Jugoslavia. Con la qualifica di Partigiano Combattente - i nipoti conservano i documenti che attestano la sua militanza dal 9 settembre ’43 al 1 luglio ’45 – Giuseppe torna a Sersale oltre la fine delle ostilità come molti impegnati sul fronte jugoslavo.
Errigo Giuseppe, classe 1902, risulta nato a Sersale e membro della 7° BRG SAP DE ANGELI, una delle Squadre di Azione Patriottica attiva a Torino. Le SAP erano squadre di partigiani che operavano sul campo, mentre i GAP erano orientati al reclutamento, informazione, propaganda politica. Entrambe le organizzazioni erano inquadrate nelle Brigate Garibaldi, i partigiani di orientamento comunista o legate al PCI.  Il riconoscimento del ruolo di Benemerito lascia presuppore un ruolo attivo e rilevante, con proprio rischio, come prescrive il Decreto Luogotenziale 518/1945, nella lotta di Liberazione.
Giuseppe Gianzanetti, classe 1905, nato a Sersale ma cittadino Selliese, ha più volte partecipato, prima della sua scomparsa nel 2015, ad iniziative dell’ANPI Catanzaro per ricordare la fallacia e falsità dell’ideale fascista, i drammi della guerra e della resistenza sul fronte greco-jugoslavo.
Fallo Antonio, probabilmente Falbo, classe 1924, nome di battaglia “Teresina”, membro della Div. B. Buozzi, formazione di origine socialista in Piemonte. La data di nascita e gli indirizzi di residenza a Torino lasciano pensare che si tratti di una persona diversa rispetto al nostro compaesano di Grugliasco, a conferma della nutrita presenza di meridionali sui luoghi della Resistenza, come militari o come emigrati. Una pubblicazione del Consiglio Regionale del Piemonte sul ruolo dei partigiani meridionali, conta almeno 6000 tra partigiani, caduti, mutilati, di origine meridionale: di questi 256 originari della provincia di Catanzaro, di cui 140 Partigiani combattenti, 91 benemeriti e 22 caduti. Perciò è possibile che anche altri nostri compaesani abbiano contribuito in qualunque modo alla Liberazione.
Argirò Albino, classe 1920, nato a Cerva ma residente a Sersale, nome di battaglia "Lieto", membro della 11° DIV GARIBALDI 177°BRG dal giugno 1944 a fine del conflitto, con la qualifica di Partigiano. Non abbiamo altri dettagli al momento.
Francesco Lupia, classe 1913, anche la sua scheda è nell’archivio dei partigiani che operarono in Piemonte, nome di battaglia “Franco”,  qualifica Patriota, membro della 5° Div. Monferrato. Il figlio racconta che operò nella zona di Tortona nella provincia di Alessandria.
Mancuso Giuseppe classe 1921, nome di battaglia “Tino”, nella sua scheda è indicato come residente in Via Mazzini, qualifica Partigiano, della 100° BRG GARIBALDI. Al momento non abbiamo ulteriori notizie.
Massa Lino, probabilmente Mazza, classe 1927, studente residente ad Alessandria ma nato a Sersale, membro della 2° DIV AUT BRG ROCCA ARAZZO insignito della qualifica di Patriota, "avendo collaborato alla lotta di Liberazione prestando notevole e costante aiuto alle formazioni partigiane" come recita il decreto luogotenziale che attribuisce le onorificenze. Non siamo riusciti a trovare molto altro, ma fa riflettere la sua giovanissima età (solo 17 anni): probabilmente figlio di emigrati, come tanti, o appena arruolato, seppe scegliere di stare dalla parte della libertà contro la barbarie.

Non sappiamo molto di quello che hanno vissuto questi uomini, le sofferenze, le paure, gli orrori. Probabilmente i loro figli conservano qualche ricordo raccontato o, probabilmente, molti hanno preferito tacere gli orrori della guerra civile e custodire la loro partecipazione con riservatezza, consapevoli delle immani tragedie fisiche e psicologiche che comporta qualsiasi guerra. Immaginiamo, dalle storie e resoconti di altri che hanno trovato la forza per raccontare, questi ragazzi sradicati due volte dalla loro esistenza: la prima come migranti/soldati, la seconda come combattenti in clandestinità, in privazione, fuori dal loro territorio, fra sconosciuti eppure fratelli nella stessa sorte. Possiamo solo immaginare la paura di non rivedere i genitori o le mogli, il loro paese. Ma anche la forza che questa speranza gli avrà dato nei momenti di pericolo, sotto al fuoco nemico, o in un'azione sul campo.
Di loro però abbiamo l’esempio dell’impegno quotidiano a tirar su.......................

martedì 21 aprile 2020

Sellia dopo i buoni spesa già consegnati il comune dona derrate alimentari alle famiglie che pur avendo fatto domanda non hanno beneficiato dei buoni spesa.

Il primo cittadino di Sellia Davide Zicchinella con una nota stampa comunica che:

 Un cittadino su tre in Italia  è in difficoltà anche economiche: Sellia non sta oziando. Dopo la distribuzione dei buoni, anche le derrate alimentari per meno abbienti in collaborazione con il Banco delle opere di carita’.  ” Il Comune di Sellia e’ impegnato  per le famiglie in difficoltà. Abbiamo concluso la prima distribuzione di buonispesa alle famiglie con Isee inferiore a 5000 euro annui. Dei 5000 euro disponibili abbiamo distribuito buoni per 3000. Per assegnare i restanti 2000 faremo un nuovo bando regolato da apposito atto deliberativo che perfezioneremo nella Giunta del prossimo 22 aprile.  Intanto, come Comune, abbiamo chiesto e ottenuto gratuitamente una fornitura di pacchi alimentari da parte del Banco delle Opere di carità che servirà a rafforzare il sostegno alle famiglie in difficoltà.
Questi pacchi andranno prioritariamente a cui ha fatto domanda ma non è rientrato nella distribuzione dei buoni. Come specificato nella ordinanza sindacale.  Un modo per arrivare a tutti quelli, a partire dal reddito minore, e fino alla disponibili dei..............

venerdì 10 aprile 2020

Catanzaro; la storia bellissima della Naca dall’antichità ai giorni nostri, raccontata da Rotella

Se oggi fosse stato un Venerdì Santo normale, senza cioè questo stramaledetto Coronavirus in circolo, Corso Mazzini di Catanzaro adesso starebbe traboccando di gente, colmo fino all’inverosimile per così dire e si sentirebbe in alcune zone vicine al luogo di uscita dei portatori e dei ‘figuranti’ anche qualche colpo di tamburo o di tromba della banda.


Ma tutto ciò, lo sappiamo, per il 2020 sarà solo un ricordo purtroppo. E allora, seppur virtualmente e senza il trasporto della vera Via Crucis, in quell’atmosfera di profondo misticismo collettivo – che neppure le due guerre mondiali sono riuscite a fermare – proviamo a immergervi noi, consapevoli di come sia solo un racconto, una raccolta di curiosità, e nulla più 
Prima curiosità sulla chiesa del Carmine. La chiesa da cui sarebbe dovuta uscire la processione – per poi rientrare a fine percorso – il Carmine. Parrocchia a cui l’onore tocca per rotazione ogni quattro anni, che curiosamente gli abitanti del vecchio rione chiamavano ‘Calmine’ poiché avevano l’abitudine di mettere la elle al posto della erre un po’ come – neanche a dirlo – i cinesi. 
Nella ‘notte dei tempi’. Fino al ‘600 si usciva con la Croce sulle spalle già dal giovedì sera.
Le sette lance. Le sette lance non sono come si pensa dei soldati di scorta ai condannati a morte fra cui Nostro Signore. Si tratta bensì delle spade, o dolori, di Maria Vergine.
Il termine Giudei. Usato prima del Concilio è poi caduto in disuso, anche perché a uccidere Gesù furono materialmente i romani. L’influenza spagnola. No, nella circostanza il riferimento non è a uno dei più terribili morbi della storia dell’umanità ma al contrario alle contaminazione della cultura locale con quella iberica appunto in tema di questo rito.
I confratelli con il cappuccio calato sulla testa. Un’usanza, quella del cappuccio sulla testa dei confratelli a seguito della Naca, nel capoluogo è stata ripresa come nel 2016. In origine era dovuta a due motivi: la preghiera da loro effettuata nel nascondimento e il mutuo soccorso garantito, proprio in caso di pestilenza, quando gli toccava dare degna sepoltura – con i conforti religiosi – ai morti a causa del virus.
La Naca fermata soltanto da Ferdinando IV.  Nei secoli scorsi esistevano più Viae Crucis in città – inscenate da Rosario, San Giovanni e Carmine – che però si scontrarono e quindi furono per così dire ‘sospese’ dal re per poi riprendere piano piano sotto il segno della devozione e della sottomissione alla Fede e forse anche alla casata reale. 

Nel Dopoguerra per qualche anno la Naca portata sul camioncino. A quel tempo, il pesantissimo simulacro veniva posto su un camioncino e non portato a spalla perché non si trovava gente disposta a farlo. Le divise dell’esercito romano. Fu un’idea balenata al compianto..............

mercoledì 8 aprile 2020

Il primo ministro Britannico Boris Johnson curato da un medico italiano. Si tratta di Luigi Camporota un luminare calabrese, Catanzarese


Si chiama Luigi Camporota ed è uno dei dottori che sta curando in queste ore il premier inglese Boris JohnsonIl dott. Camporota è un luminare calabrese, originario di Catanzaro e viene descritto dal Times come un’eccellenza nel campo della terapia intensiva e nella cura delle malattie respiratorie. Johnson è ricoverato presso l’ospedale St Thomas di Londra e sta lottando contro il coronavirus. Al momento, assicura il Governo, sta ricevendo “cure con l’ossigeno standard“, respirando però “senza assistenza di ventilatori polmonari“. Luigi Camporota ha studiato in Calabria, ottenendo un dottorato presso l’università di Southampton. I suoi studi sono pubblicati sulle più prestigiose riviste mediche britanniche. "Il primo ministro è in buone mani, in ottime mani. Le migliori" ha rassicurato il ministro che ha avuto in dote nottetempo domenica da Boris Johnson le sorti della Gran Bretagna. Come riportato dal Corriere della Sera, tra i medici che hanno in cura il premier c'è anche un italiano, calabrese: Luigi Camporota.
A dirlo all'AdnKronos è il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, parlando di Luigi Camporota, esperto di medicina di terapia intensiva e difficoltà respiratorie e uno dei luminari che si sta occupando del premier inglese Boris Johnson, contagiato dal coronavirus.
Camporota, infatti, nel 1995 ha conseguito la laurea in Medicina "summa cum laude" a Catanzaro, quando ancora l'università del capoluogo calabrese dipendeva dall'Ateneo di Reggio Calabria.
"Il fatto che Camporota sia un prodotto degli studi catanzaresi testimonia che il grado di preparazione dei nostri medici è all'avanguardia. Per noi è un grande motivo di orgoglio. Appena questa tragedia sanitaria ed economica sarà finita, lo inviteremo qui a Catanzaro per accoglierlo con tutti gli onori".
Anche Girolamo Pelaia, Professore ordinario di Malattie dell'apparato respiratorio all'Università "Magna Grecia" di Catanzaro, Direttore dell'Unità Operativa Complessa di malattie dell'apparato respiratorio e della Scuola di specializzazione parla di Camporota:
 "Uno dei nostri migliori studenti, medici specializzandi e specialistici che io abbia mai conosciuto e seguito, di una preparazione medico-scientifica e di una disponibilità professionale e umana di altissimo profilo.
Il Prof. Camporota - racconta all'AdnKronos - da studente frequentava qui a Catanzaro la Facoltà di Medicina, che allora era compresa nell'Università di Reggio Calabria. Frequentava il corso di Malattie dell'apparato respiratorio, svolto dal Prof. Marsico, uno dei più grandi pneumologi italiani e nostro comune maestro. Io allora ero un giovane medico e il professor Marsico mi assegnò Camporota come tutorato, per cui insieme al Prof. Marsico lo abbiamo seguito nella tesi di laurea e poi nella tesi di specializzazione, dove nel frattempo al Prof. Marsico è subentrato il Prof. Tranfa.
In quegli anni gli sono sempre stato molto vicino, e proprio mentre il Prof. Camporota era specializzando sotto la direzione del Prof. Tranfa, e io ero il suo tutor, mi ha manifestato la volontà, il desiderio di andare a studiare e lavorare in Inghilterra. E così l'ho messo in contatto con un mio amico, il Professor Ratko Djukanovic, che allora lavorava all'Università di Southampton".
Il Prof. Pelaia prosegue:
"Studente, ripeto, eccellente, preparatissimo, molto garbato anche da un punto di vista umano, davvero eccezionale, avviato da me è andato a lavorare in Inghilterra. Pensi che quando mi capitava di incontrare, nei vari congressi, il professor Djukanovic, me ne parlava benissimo dicendo che era un giovane medico bravissimo. Poi da Southampton, quello che è stato uno dei migliori studenti avuti qui alla Magna Grecia, si è trasferito a Londra, con grande dispiacere del Prof. Djukanovic che lo stimava tantissimo, e lì ha costruito la sua strada andando a lavorare al Guy's & St Thomas Hospital.
Con vari ruoli, giovane medico, ricercatore, professore, a parte un'esperienza fatta negli Stati Uniti, io sono sempre stato qui a Catanzaro, e questo mi ha dato la possibilità di seguirlo, di stargli vicino e di coltivare con lui un ottimo rapporto, e continuiamo a mantenere una solidissima amicizia. Fra l'altro, Camporota continua ad avere con l'università di Catanzaro un rapporto veramente bellissimo. Quando sono subentrato alla Direzione della Scuola di specializzazione, ho avviato ad un periodo di formazione da Camporota a Londra una mia ex laureanda, medico, specializzando e oggi specialista, la dottoressa Calderazzo, che adesso lavora all'ospedale di Lamezia Terme. E proprio la dottoressa Calderazzo ha trascorso un lungo soggiorno alcuni anni fa a Londra dal Prof. Camporota e mi ha sempre riferito della grandissima accoglienza e benevolenza che le ha riservato durante il suo soggiorno in quell'intenso periodo formativo di altissimo profilo medico-scientifico".
Il prof. Pelaia conclude:
 "Se anche il Prof. Camporota da tantissimi anni lavora in Inghilterra, ha sempre mantenuto molto forte e solido il legame con la sua città. Ci siamo ovviamente frequentati anche al di fuori dell'ambiente universitario, ricordo................

giovedì 2 aprile 2020

Coronavirus,Una strage di anziani sulla quale, adesso, la Procura di Catanzaro vuole vederci chiaro, aperto un fascicolo su strage in casa per anziani che accusa la Regione.

Una strage di anziani sulla quale, adesso, la Procura di Catanzaro vuole vederci chiaro. L’ufficio del procuratore Nicola Gratteri, infatti, ha avviato accertamenti sulla casa di cura Domus Aurea di Chiaravalle Centrale che, in 24 ore, ha registrato 7 anziani morti per coronavirus. Altri 70 soggetti, tra ospiti della struttura e personale sanitario, sono risultati positivi al Covid-19.

La magistratura intende verificare se sono state rispettate tutte le procedure dal 22 marzo scorso, nel momento in cui si è accertato il primo tampone positivo al Covid-19, e cosa è stato fatto per salvaguardare gli anziani che vivevano nella casa di cura. Solo mercoledì 1 aprile, infatti, dopo cinque giorni dal sopralluogo effettuato il
27 marzo nella struttura sanitaria di Chiaravalle, il dirigente generale del dipartimento Sanità della Regione Calabria, Antonio Belcastro, ha disposto il trasferimento dei pazienti all’ospedale Mater Domini di Catanzaro.
Nella relazione, allegata al provvedimento, è ricostruito tutto l’iter dal quale era percepibile come la struttura per anziani Domus Aurea, gestita dalla Salus MC Srl, era diventata un focolaio di coronavirus. Il Covid sembrerebbe essere arrivato da Bologna. Il 25 febbraio, infatti, a Serra San Bruno, una cittadina vicino Chiaravalle, “si celebrava – è scritto nella relazione del dg Belcastro – un funerale al quale partecipava la cittadinanza ed in particolare parenti del defunto provenienti da
Bologna. Successivamente, sempre nella stessa sede, ad una festa organizzata in occasione dell’8 marzo, avrebbero partecipato cittadini del serrese provenienti da Bologna e, in particolare, un’operatrice socio sanitaria dipendente dell’Rsa che ha poi regolarmente assicurato i turni nella struttura”.
Sarebbe stata questa dipendente il paziente zero da cui è partito il contagio. La stessa, infatti, ha continuato a lavorare dall’8 al 22 marzo quando – è scritto nella relazione della Regione Calabria – l’operatrice socio-sanitaria comunicava alla struttura l’impossibilità di assicurare il proprio servizio in quanto risultata positiva a tampone di screening per Covid-19, cui era stata sottoposta in quanto contatto stretto dei cittadini di Serra San Bruno provenienti da Bologna”.
Il giorno dopo, il 23 marzo, il focolaio era già partito: un’anziana, con sintomi febbrili, il 24 marzo viene trasferita all’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per “insufficienza respiratoria” e il 25 marzo è risultata, anche lei, positiva al coronavirus. Disposti immediatamente i controlli a tappeto di tutti gli ospiti e il personale della struttura, lo screening “ha consentito di rilevare 48 pazienti (il 74% del totalendr) e 13 operatori sanitari contagiati”.
Il 27 marzo, 8 anziani, “bisognevoli di ricovero ospedaliero”, sono stati trasferiti al nosocomio di Catanzaro, mentre gli altri 40, “asintomatici o pauci sintomatici”, sono rimasti lì, sistemati “in un piano della struttura, – si legge sempre nella relazione della Regione – isolandoli dagli ospiti attualmente negativi, ai quali verrà ripetuto il tampone o per insorgenza di sintomi o comunque dopo 14 giorni di isolamento, permanendo asintomatici”. Per quanto riguarda, invece, gli operatori sanitari, i positivi sono stati sottoposti a quarantena con sorveglianza attiva in una struttura appositamente individuata, mentre quelli “risultati negativi – erano le disposizioni della Regione – continueranno a prestare assistenza ai pazienti con dpi, osservando poi misure di isolamento al proprio domicilio”.
La casa di cura, quindi, non ha mai chiuso e gli operatori sono rimasti sempre in contatto sia con gli anziani che ancora non avevano ancora contratto il virus sia con i pazienti positivi, di fatto lasciati nella struttura diventata un focolaio. Il risultato non si è fatto attendere: domenica sera, cioè tre giorni fa, dei 16 anziani negativi al primo tampone, addirittura 11 sono risultati positivi.
Quella notte, poi, sono morti due degli anziani positivi che erano stati trasferiti al Mater domini di Catanzaro. I loro decessi si aggiungono così ai primi cinque, collegati alla casa di cura, dall’inizio del contagio. Lunedì, in seguito a un sopralluogo effettuato dal comandante dei Nas e dal responsabile del pronto soccorso di Soverato, questi ultimi “descrivevano una situazione poco rassicurante per i pazienti”. Lo stesso giorno “veniva richiesto il loro trasferimento presso l’ospedale di Lamezia
Terme” che, però, in tarda serata “comunicava l’impossibilità di accettare i pazienti attualmente ricoverati presso la struttura di Chiaravalle centrale per mancanza di dpi”. Quanto scrive la Regione dimostra, per l’ennesima volta, la fragilità del sistema sanitario calabrese nel gestire l’emergenza. Il 30 marzo i titolari della casa di cura per anziani e l’incaricato dell’Asp avevano scritto alla Regione manifestando la necessità di ospedalizzare “tutti i pazienti al momento presenti nella struttura”. Due giorni prima, quando ormai era acclarato il “focolaio covid che aveva colpito quasi tutti tra pazienti e dipendenti”, la struttura ha scritto “alle autorità sanitarie e amministrative competenti, anche al fine di chiedere supporto e assistenza mediante l’invio di personale sanitario per assistere tutti i degenti affetti da coronavirus”.
Era la mattina del 28 marzo si legge in una lettera che, attraverso l’avvocato Antonello Talerico, la “Salus MC Srl” ha inviato alla presidente Santelli. Una segnalazione indirizzata anche al procuratore Nicola Gratteri per denunciare cosa è successo in questi giorni. “A distanza di circa 7 giorni dalla positività al Covid dei pazienti, – si legge nella denuncia presentata poche ore prima del provvedimento
della Regione – nessuna autorità sanitaria ha inteso intervenire per procedere agli accertamenti sanitari sugli anziani affetti da Covid, né somministrare alcun farmaco, né le autorità competenti hanno inteso trasferire in strutture idonee i malati covid”. A gettare ombre su tutta la...........